venerdì 27 febbraio 2009

In Berlin, by the wall



Mi sono sentita irreale.


Tornata in questa città-periferia con il cielo così basso da poterti schiacciare. A Berlino il cielo era altissimo-alta come i grattacieli e di più, immenso e bianco. Mi sentivo reale invece, là- perchè ero, in qualche modo. Perché il fascino sottile della decadenza- cioò che qui mi ha sempre affascinato, ciò che ha donato bellezza a questi grigi anfratti di mondo- là è un tripudio, un filo rosso, un leitmotiv. Era familiare, Berlino, era reale. Era una fantasia che rispetta sè stessa quando diventa reale. Era come se mi aspettasse per confermarsi alla mia immaginazione. Non era solo ideale. Era lì, pulsava. E, per contro, il ritorno alla normalità imbavagliata, alla scuola e a tutto il resto.. era, è privo di senso. Priva di senso la mia vita costretta in una stanza stretta. Mi vortica dentro quella città, e la precarietà del suo essere bambina, del suo essere fantasiosa, del suo essere bella e decadente, del suo essere arte. Non conosco il futuro, e immaginarlo mi costa caro. Ma la mia coscienza ha sfrondato le possibilità e solo una sembrerebbe restare: partire. E se parto, e se vado, Berlino mi aspetta, dolce, fredda, nordica e affascinante. Per capire, forse, chi voglio essere e cosa voglio fare o solo magari per provare a vivere, e cercare di capire quanto il dove conti per la felicità.




1 commento:

Anonimo ha detto...

Ho trovato un tuo commento del 2008 su un mio blog che ormai disconosco (tigre87.giovani.it) e volevo dirti ciao, è arrivato, come attraverso un buco nero